Un giovane su quattro è disoccupato. Ce lo dice l’Istat oggi.
Allora le ragazze – quelle che se lo possono permettere – possono cercare di mettere a frutto le doti fisiche che ha dato loro madre natura per trovare un lavoro. No, non può funzionare così, anche se pare che questo sia l’andazzo generale, supportato da una mentalità corrente che propone come modelli di autorealizzazione per le donne la passerella delle sfilate di moda, piuttosto che il reality televisivo, il balletto nei programmi a quiz o la festa privata nelle dimore di vip.
Come giornalista ed esperta impegnata da anni nella tutela e promozione dei diritti dei minori, come donna, come madre di cinque figli di cui tre femmine, mi ribello a questa immagine della donna che si sta affermando nella nostra società.
Una donna oggetto, una donna umiliata da violenze psicologiche e fisiche, tanto più gravi quanto più sofisticate o perpetrate nei confronti di una persona socialmente e psicologicamente più debole, o addirittura una donna vittima della brutalità animalesca altrui.
Tutto ciò diventa ancora più inaccettabile ed odioso quando la donna è una minorenne, bambina o adolescente, che scopre il mondo che la circonda attraverso la lente del facile guadagno o di una promessa di carriera attraverso la profanazione del proprio corpo.
“ Le belle donne” non sono un oggetto da amare, ma persone da rispettare, tutte, senza eccezione.
Siamo tutti chiamati in causa. Dalla classe politica, ahimè, sempre più distratta e lontana dai problemi reali delle donne di questo Paese, ma impegnata ad approvare celermente una legge per la protezione di cani e gatti, alla famiglia che naviga a vista, quando non aderisce essa stessa a questa mentalità corrente, alla scuola che deve riappropriarsi della nobiltà del suo ruolo educativo, ai media che, pur nella loro doverosa funzione di informazione, troppo spesso cavalcano vicende di cronaca più per la ricerca di uno scoop che per l’individuazione delle cause reali che stanno a monte.
Io ho un sogno: che tutte le donne abbiano uno scatto di orgoglio, rifiutino il modello umiliante che troppo spesso la società impone loro e possano guardarsi allo specchio e vedersi – come recita uno spot – “ belle fuori e belle dentro “.
Isabella Poli
giornalista e direttore scientifico del Centro Studi Minori e Media