Una storia semplice

  Ci sono storie, piccole storie semplici, che colpiscono subito. Una la leggo stamani in cronaca e riguarda un vecchio sacerdote (87 anni) che conosco: da una vita, don Napoleone Toccafondi, fa il parroco a Lizzano e Spignana (paesini sui monti di Pistoia).

E’ sempre stato “vispo”, don Napoleone e continua evidentemente a esserlo se è riuscito, tramite il web, a ritrovare il figlio della sua antica maestra: quella Emilia Borrelli che nel 1934, ai bambini della scuola elementare di Quarrata, tutta commossa mostrò “Mariolino, il figlio appena nato.

Adesso Mario è stato rintracciato dal tenace parroco che smanetta sul web: dopo aver studiato alla “Normale” di Pisa, Mario Borrelli emigrò negli USA. Laureato all’Università dell’Indiana, ha poi fatto il docente universitario insegnando pure ad Harvard. Oggi in pensione, nella sua comunità cattolica è impegnato come ministro straordinario dell’Eucarestia.

Mario, con la moglie e la sorella che ancora vive in Toscana, l’altro giorno si sono incontrati con don Napoleone su a Lizzano.

Storia piccola, storia semplice. Ma non è forse anche con queste storie che il mondo va avanti?

Published in: on 30 giugno 2011 at 08:34  Lascia un commento  
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Sette lettere davanti a sorella morte

Giampiero, l’ultima beffa del destino … Addio Giampiero, beffato dal destino“. Ecco due titoli usciti stamani sulle cronache locali per informare, a Pistoia, sulla morte di Giampiero Gherardeschi.

62 anni, diacono nella parrocchia di Badia a Pacciana, già padre adottivo di un ragazzo – Carlo – morto un anno fa causa incidente stradale. E fratello di Enrico, più anziano e malato da tempo, deceduto 24 ore prima di Giampiero. Lascia Manuela, sposa da 28 anni.

I funerali dei due fratelli sono stati celebrati insieme, questa mattina. E queste due circostanze (la morte del figlio, la morte del fratello) fanno comprensibilmente parlare – nel linguaggio comune – di, appunto, “destino“.

Davanti alla morte rimpiango sempre di non aver fatto studi filosofici e teologici, psicologici e biblici. In particolare mi piacerebbe – e non le ho – avere  basi culturali per confrontarmi con una parola (“destino“) che certo capisco ma che non mi piace molto.

Da una prospettiva di fede, preferisco non usarla. Davanti a una morte come questa – e come altre che in effetti colpiscono per determinate coincidenze – ma sempre, in genere, davanti a sorella morte, preferisco usare un’altra parola. Con lo stesso esatto numero (sette) di lettere.

Preferisco “mistero“.

Published in: on 29 giugno 2011 at 14:55  Comments (3)  
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Scelte

Il giorno dopo le proteste (e le violenze) contro la TAV (saranno tutti matti, in Val di Susa, a protestare contro questa Alta Velocità o saranno tutti sbagliati i timori, a Firenze, per un tunnel che farà risparmiare ben 10 minuti 10 fra Bologna e Roma?). E a proposito di investimenti per le infrastrutture, in un Paese dove troppo spesso a grandi lavori corrispondono grandi interessi anche dalla criminalità organizzata.

A Pistoia c’è chi tira in ballo l’ipotesi – sulla quale, peraltro, tutte le istituzioni pubbliche già sembrano d’accordo – di terza corsia per l’autostrada verso il mare. Si pensa di  spendere centinaia di milioni per favorire il vecchio sistema di spostamenti via gomma in un contesto in cui una importante linea ferroviaria (quella che collega Pistoia a Viareggio) è costretta nel limite di un binario unico.

Non sarebbe il caso – chiede qualcuno – di spostare quel tipo di risorse (su un sistema autostradale, oltretutto, ormai privatizzato e con lautissimi profitti per pochi illustri “imprenditori”) dalle infrastrutture autostradali a quelle ferroviarie puntando anche sulla messa in sicurezza contro il rischio idraulico?

“Appare necessario rivedere totalmente il nostro approccio alla natura. Essa non è soltanto uno spazio sfruttabile o ludico. È il luogo in cui nasce l’uomo, la sua casa, in qualche modo. Essa è fondamentale per noi. Il cambiamento di mentalità in questo ambito, anzi gli obblighi che ciò comporta, deve permettere di giungere rapidamente a un’arte di vivere insieme che rispetti l’alleanza tra l’uomo e la natura, senza la quale la famiglia umana rischia di scomparire. Occorre quindi compiere una riflessione seria e proporre soluzioni precise e sostenibili“.

Parole forti, dette non da un fanatico estremista ma da un uomo anziano, vestito di bianco, che tutti conosciamo per nome e numero romano: Benedetto XVI.

Published in: on 28 giugno 2011 at 13:55  Comments (3)  
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vivaPorrettanaviva

 Da qualche mese – causa tagli alla finanza locale, questa la spiegazione ufficiale – sono state cancellate almeno la metà delle corse ferroviarie tra Pracchia e Pistoia sostituendole con autobus di linea.

Si parla di una ferrovia (la Porrettana) di quelle storiche: un tempo era l’unico collegamento esistente, su rotaia, fra il Nord e il Sud del Paese; poi ha perduto questa caratteristica rimanendo comunque uno splendido esempio di ferrovia (l’aggettivazione non sempri roboante) certo minore ma comunque a servizio di cittadini provenienti da zone montane e di enorme potenzialità per una valorizzazione, anche turistica, di zone paesisticamente molto belle (Pracchia, all’inizio del Novecento, era una fra le regine del termalismo italiano. A due passi c’è Porretta. In alto vette importanti di un Appennino ancora pulito, boschi incantevoli, verde incontaminato).

Insomma: la ferrovia Porrettana, nel contesto di scelte ambientalmente sostenibili, è (dovrebbe essere) punto di partenza verso un futuro europeo: non certo struttura da abbandonare. In pochi minuti si può essere a Pistoia: anche sotto il profilo urbanistico – e della decongestione della fin troppo trafficata “area metropolitana” Pistoia/Prato/Firenze – questa è (dovrebbe essere) una risorsa per un ceto politico capace di guardare oltre i famosi 5 anni del mandato.

In qualunque altro Paese europeo farebbero carte false, avendo una linea ferroviaria come questa, per valorizzarla sia a fini di servizio dei pendolari sia per un turismo sostenibile. http://it.wikipedia.org/wiki/Ferrovia_Porrettana

Dal giorno dei tagli opera a Pracchia un comitato (vivaPorrettanaviva) che si dà molto da fare – anche sui media locali – per tenere viva l’attenzione rispetto a quella che, in primo luogo, è una grande questione culturale. Anche a proposito di stili di vita.

Published in: on 27 giugno 2011 at 07:54  Lascia un commento  
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La voglia di Cristo al tempo del post-consumismo

Festa grande a Pistoia giovedì scorso.  Era il Corpus Domini e per le vie del centro attorno a una Cattedrale piena di fedeli, è passata una processione assai partecipata. Quella sera i negozi erano aperti in notturna per il primo dei giovedì estivi: quando Comune e commercianti tentano di allettare i consumatori offrendo, nel fresco della sera, botteghe aperte fino a mezzanotte.

Non ero alla processione e l’ho vista solo dalla tv locale. Intriganti le immagini con l’intreccio fra due riti così diversi: il Santissimo Sacramento – nelle mani del vescovo accompagnato da tanta gente in preghiera – che passa a fatica fra tanta altra gente apparentemente disinteressata al sacro e molto coinvolta a leccare gelati cercando mutande a buon prezzo.

Adesso si scopre che la prima apertura serale è andata maluccio. “Tanta gente a giro, ma pochi acquisti. Si capisce bene che tante persone aspettano i saldi, anticipati al 2 luglio“, lamentano i commercianti.

E d’altronde, in una situazione di crisi economica e con i tanti ipermercati aperti ovunque senza apparente programmazione, come pensare che tante persone abbiano possibilità, e voglia, di fiondarsi nel negozio per comprare, comprare, comprare sapendo oltretutto che fra pochi giorni ciò che adesso è in vendida a 100 potrà trovarlo a 70? Non sarebbero state meglio politiche  meno prone davanti agli interessi dei colossi del commercio globalizzato?

In ogni caso mi resta quell’immagine forte, a suo modo bella: il vescovo che porta il corpo di Cristo in mezzo a una folla all’apparenza disinteressata perchè troppo coinvolta nel rito del postconsumismo

Disinteresse vero? Lontananza reale? Oppure, fra un gelato al pistacchio e una mutanda allo sconto, la voglia di Cristo – offerto in modo gratuito – non avrà bisogno dei saldi per poter essere ritrovata?

Published in: on 25 giugno 2011 at 07:19  Comments (1)  
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Francigena 2011: itinerando, ma per cosa?

Leggo, in cronaca, una iniziativa (“Itinerando sulla Francigena“) prevista il 2 e 3 luglio sul “diverticolo pistoiese” della grande via di pellegrinaggio: uno dei tratti in quell’affascinante raggio di percorsi che univa, nel nome della fede in Cristo, terre e uomini diversi ma tutti in cammino verso la Città Eterna.

Da qualche tempo, in modo assolutamente meritorio, un gruppo di volontari ha riportato in vita il sentiero che univa Pistoia – città forte anche per l’altro grande pellegrinaggio: quello jacopeo – a Porretta e da lì, poi, a Bologna. Un sentiero che avrebbe avuto notevole importanza, a sentire Franco Cardini, forse addirittura una importanza maggiore rispetto a tratti assai più celebrati.

Con “Itinerando sulla Francigena“, giunto alla terza edizione, gli organizzatori offrono  belle suggestioni: camminare a piedi su strade bianche, in mezzo ai boschi, trovando resti di antiche presenze (ospitali compresi) e recuperando la dimensione della lentezza insieme a quella della fatica. La possibilità c’è per tutti i giorni dell’anno, ma il 2 e 3 luglio è rafforzata da piccoli appuntamenti compresi quelli di natura gastronomica.

Come sanno quelli che da tempo, anche in Italia, lavorano per riproporre con serietà queste antiche vie di pellegrinaggio (per tutto l’anno il settimanale “ToscanaOggi” ospita una pagina ogni settimana sul tratto toscano della “Francigena“) c’è un rischio sempre in agguato: dimenticare il significato autentico del “cammino”, che ha soprattutto un senso di ricerca religiosa e umana, trasformandolo in banale occasione da sagra paesana, da finta festa medievale o da semplice offerta  turistica sia pure alternativa.

Rischio forte, soprattutto in un contesto ormai post secolarizzato.

Anche qui – per la Chiesa e per le sue comunità nei luoghi più lontani dai grandi centri – esiste una grande sfida aperta: dare senso all’enorme bisogno di “cose altre e alte” che c’è nell’intera nostra società; farsi trovare aperti e disponibili; non lasciare che solo altre offerte (facili facili) riempiano il vuoto in cui siamo tutti immersi.

Published in: on 24 giugno 2011 at 09:02  Lascia un commento  
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Se nel salone del trono i cavoli sono … scenografici

Sarà perchè ho quasi 60 anni (e dunque nel Sessantotto di anni ne avevo 16 respirando a pieni polmoni un’aria inizialmente pulita), sarà perchè quando sento parlare di “beneficienza” a me viene da estrarre la pistola (preferirei che ricchi e vip pagassero sul serio tutte le tasse), sarà perchè del giornalismo ho un concetto altro, sarà perchè ne ho le tasche piene di “eventi” pompati dagli uffici marketing.

Ma quando, questo mattina, ho letto sulla cronaca toscana di un importante quotidiano il resoconto di un “evento benefico” intitolato, ovviamente in lingua inglese, al “cuore dei bambini“, mi è proprio venuto di leggerlo con attenzione.

Con il massimo rispetto per chi è stato costretto a scriverlo, permettetemi di divertirmi un pochino su questa abbinata di “generosità e glamour” presentata da “una scoppiettante” Milli Carlucci con tanti vip: alcuni so chi sono (Grandi Irene, Scervino Ermanno, Renzi Matteo, Prandelli Cesare) mentre di  altri, ed è certo colpa mia, ignoro l’esistenza (Fabbricotti Moreschina, Titova Natalia, Ribas Ana Laura, Giusti Mario Luca …).

Apprendo che l’antico palazzo fiorentino in cui si è svolto l’evento era di “rosso fuoco” e che apriva la serata un tavolo a forma di cuore (“ricoperto da migliaia di petali di rose” e sul quale era allestito l’aperitivo “a base di finger food”). Un palco “era letteralmente sommerso” da doni che privati e aziende avevano offerto per una (ovviamente “ricchissima”) lotteria.

Milly (“regina fra danze, buffet e lotteria”) ha ringraziato tutti per la “generosa partecipazione”. Poi mentre “gli astanti” godevano per una “leggera brezza” (in certi casi, fateci caso, la “brezza” è sempre “leggera”) arriva (da Miami, presumo a costo zero) un balletto che “catalizza” l’attenzione “di tutti”. Inevitabile “lasciarsi andare” in “scroscianti applausi“.

Si passa al pranzo. “Gli invitati” iniziano a salire al primo piano dove c’è (come in tutti i primi piani che si rispettino) “il salone del trono” con “immensi candelabri in legno” appesi al soffitto e “illuminati da mille candele” (mille e non più mille).

I due buffet sono “grandi” e i cavoli che “spiccano” sui tavoli sono inevitabilmente “scenografici” (esistono pure cavoli normali, ma questi sono a uso e consumo dei poveracci. Ai vip toccano solo “cavoli scenografici“).

Le sale (dove molto prosaicamente si mangia) sono “varie” e i tavoli “apparecchiati con tovaglie chiare, sottopiatti in argento, piatti bianchi e bicchieri impreziositi da un leggero rigo oro” (questo il non lieve dettaglio che differenzia i vip dai cafoni: nei buffet dei secondi, specie se camorristi, il rigo d’oro sui bicchieri è “pesante”).

E il menù dei benefici vip? In questi casi “non c’è che l’imbarazzo della scelta”: con un coraggio da feroce giornalismo d’inchiesta il cronista vi dedica 11 righe 11: dal riso con asparagi alla “caleidoscopica tagliata” di frutta fresca.

I camerieri? “Elegantissimi” (livrea in doppio petto, bottoni dorati e guanti bianchi). La lotteria? “Attesissima” (biglietti andati “letteralmente” a ruba per 25 euro l’uno. Diciamoci la verità: prezzo … popolare. Potevano osare qualcosa in più).

Qui termina l’estatica cronaca di un evento certo servito per trovare denari utili a “bambini di tutto il mondo sofferenti di gravi patologie cardiopatiche”.

Non è chiaro quanti fossero i presenti (si parla solo di 800 “invitati“) e quanto sia costato l’ambaradan (i camerieri in livrea qualcuno li avrà pagati, spero … i “tortelli alla fiorentina con filangé di verdure” idem. Il palazzo lo avranno avuto gratis? E gratis si sarà esibito  il balletto “giunto da Miami per catalizzare l’attenzione di tutti”? La Carlucci avrà elargito sorrisoni senza cachet e pagandosi l’albergo? I manager avranno accettato di far “scendere” gratis i loro vippetti?).

Nei giorni prossimi avremo certo il resoconto dettagliato, dell’evento benefico, anche in termini prosaicamente economici: tot “incassato”, tot speso, tot devoluto in beneficienza. Tutto a posto e tutto in regola. Tutto bello e tutto commovente. Tutto generoso e tutto glamour.

Ma io, a quasi 60 anni, continuerei a preferire un Paese che ha meno bisogno di “eventi benefici” perchè i soldi, per curare i bambini cardiopatici o per tenere aperte le scuole, li ricava dalla giustizia tributaria.

Che posso farci? Sono inevitabilmente vecchio.

Published in: on 23 giugno 2011 at 08:06  Comments (2)  
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E se i telefonini facessero male davvero?

“Vogliamo dare le notizie”. Appena ascoltato, nel Tg2 delle 13, un appello dei giornalisti di questa testata (non dimentichiamolo: una testata del servizio pubblico radiotelevisivo) che negli ultimi anni – certo non sola – si è specializzata in una informazione sempre più “leggera”, al punto di essere ormai  inconsistente e vista solo dalle fasce più “deboli”. Una informazione che non dà le notizie, che non aiuta a capire, che è finalizzata solo a non far pensare con l’illusione che si possa far vivere le persone eternamente nella bambagia.

Bravi i giornalisti del Tg2 a rivendicare la dignità del loro ruolo professionale, minacciando anche di ritirare le firme da “pezzi” imposti e non giornalistici.

Fra le tante notizie e i tanti approfondimenti che mi piacerebbe ricevere da un giornalismo di servizio pubblico, me ne torna in mente una.

All’inizio di questo giugno, ma solo per un giorno, sono comparsi articoli  sui possibili pericoli alla salute (specie per i bambini) derivanti dall’uso – spesso smodato – che in molti facciamo del telefonino cellulare. Tutto era partito da uno studio OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) sulla possibile correlazione fra cellulari e cancro.

Gli esperti, come spesso accade, sono divisi: proprio in questi casi deve valere – in attesa di dati certi – il concetto, scientifico, di precauzione.

Dopo il can can di un giorno, l’argomento è sparito dai media. Cancellazione inevitabile anche visto il peso che i gruppi del settore si sono conquistati nel mercato della pubblicità. Presumo proprio che le grandi aziende della telefonia mobile non gradiscano certe notizie e che siano disponibili a tutto (a tutto …) pur di evitare forme di giornalismo troppo curiose.

Appunto per questo c’è bisogno – specie per chi si informa solo attraverso la tv – di un giornalismo … curioso.

Published in: on 22 giugno 2011 at 13:10  Lascia un commento  
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Quel matrimonio “pompato”

Grande spazio nei giorni scorsi, sui media, per un matrimoni0 definito particolare e che ha me ha messo adosso una profonda tristezza. Due giovani toscani si sono sposati – civilmente nel senso di rito “civile” – su una spiaggia veneta: hanno “coronato” il loro “sogno d’amore” sulla sabbia di uno stabilimento, fra gente unta di creme solari piegandosi alle piccole logiche mercantili di un’amministrazione comunale in cerca di facile pubblicità.

Ho visto un servizio sul tg di Rai Toscana e, confesso, ho pensato che i due ragazi dovessero avere – per aver ottenuto quello spazio – qualche parente in quella redazione. Ma subito dopo ho rivisto il servizio addirittura nel tg1 delle ore 20 e ci sono rimasto di sasso sfuggendomi, confesso, la notiziabilità dell’evento. Il giorno dopo ho ritrovato la notizia, con spazio molto ampio, sui quotidiani toscani.

Lo dico sottovoce, da giornalista che ancora crede nel valore “civile” di una professione a credibilità, purtroppo, sempre meno elevata: ma non sarebbe il caso di rivederli, i nostri criteri di notiziabilità? Perchè una non-notizia come questa (presumo commissionata dal sindaco e pompata da qualche ottimo ufficio stampa) si conquista spazi così robusti addirittura nei tg sottraendo spazio a notizie di utilità assai più robusta?

Con tutti gli auguri del caso a Gianna e Nicolò (gli sposi) e i complimenti al sindaco, ho l’impressione che rispondere sia perfino troppo facile …

Published in: on 20 giugno 2011 at 07:28  Comments (1)  
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Sull’ospedale di San Marcello Pistoiese

Dalle cronache locali si leggono spesso notizie circa un possibile ridimensionamento (se non chiusura) del piccolo ospedale che si intitola a un filantropo ottocentesco (Lorenzo Pacini) e che sta (da 165 anni)  a San Marcello Pistoiese, sulle montagne che portano all’Abetone.

E’ difeso, l’ospedale, soprattutto da una associazione che si intitola a un grande campione di quando lo sport era pulito: Zeno Colò.

Nei decenni passati il piccolo ospedale è sempre stato salvato dai tagli imposti con le varie Finanziarie. Per certi aspetti è stato perfino “rilanciato” ospitando pazienti anche dai territori di pianura.

Non si faranno mai, al “Pacini”, operazioni a cuore aperto. E’ ovvio. Ma rappresenta un presidio, a servizio di un’area interna sempre più spopolata, in cui professionalità e umanità possono ancora coniugarsi e dare risposte di una sanità buona.

E’ uno “spreco” tenere in vita il piccolo ospedale di San Marcello Pistoiese? Penso proprio di no: lo spreco vero – direi – sta in chi non paga le tasse secondo quanto previsto dalla nostra Costituzione: cioè in termini di giustizia. E, non pagando le tasse, impedisce allo Stato di avere le risorse necessarie.

Una domanda da mezzo euro.

Se la nuova politica (di cui c’è così estremo bisogno) invece che mostrare il volto cattivo di razionalizzazioni spesso disumane si impegnasse alla più grande riforma di cui, oggi in Italia, c’è davvero bisogno (far pagare le tasse con giustizia)?

Sai quanti – di questi piccoli ospedali dove non si potranno mai fare operazioni a cuore aperto ma che pure contribuiscono a dare della sanità pubblica un volto umano – sai tu quanti se ne potrebbero “salvare”, a giro per l’Italia?

Published in: on 18 giugno 2011 at 06:14  Comments (4)  
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