La morte di Giulio Andreotti arriva, almeno per noi toscani, a poche ore dalla conclusione di una Settimana Sociale che, proprio a Pistoia, ha visto riuniti circa 400 delegati da tutte le diocesi di una regione che, come l’intero nostro Paese, ha un forte bisogno di speranza.
Nella ricchezza di commenti (spesso ingiusti o parziali) di queste ore attorno a un personaggio con cui gli storici avranno certo modo di confrontarsi a lungo (e di cui si potrà oggi dire tutto tranne negare la sua evidente grandezza), ma anche attorno a una esperienza storica (un partito “di” cattolici) oggi certo defunta, non sarebbe male – anche alla luce di quanto ci si è detti nella “cattedrale laica” di Pistoia, riprendere riflessioni e ipotizzare risposte sul piano operativo attorno alla ricchezza, e attualità, della nostra “dottrina sociale“.
La “Settimana” non ci consegna, per adesso, un documento finale articolato. Però ci lascia suggestioni e un consistente pacchetto di idee su cui i casi sono due: o stendere (magari per il timore di “prendere posizione”) il solito velo di silenzio in attesa che si trasformi in polvere e che arrivi l’ennesimo convegno, oppure trovare il coraggio per prendere qualche iniziativa che, appunto, vada oltre a una dimensione convegnistica (magari pure intrigante e bella) ma che lascia il tempo che trova.
Nel pre-politico (e, in un oggi così confuso, forse anche nello stesso politico, partendo dai livelli locali e regionali) qualcosa di utile, forse, può essere tentato. O no?
son convinto che la politica sia l’ultimo anello di una catena che parte dalla religione, dalla metafisica, dall’antropologia, insomma da tutte le convinzioni più o meno consapevoli che stanno dentro un popolo; se non siamo così materialsti da pensare che tutto dipenda dall’economia, e se non si intende la scelta di una parte politica come quella di una squadra di calcio per cui fare il tifo, è così. Se ci chiediamo perché oggi i cattolici non incidono nella società come ai tempi eroici di De Gasperi e dei professorini, dobbiamo chiederci quali sono le idee che influenzano la società in cui viviamo: non si può essere sale della terra facendo politica se non influenziamo prima quello che sta a monte della politica. Quando Croce diceva che non possiamo non dirci cristiani aveva la consapevolezza che nella società c’era una certa ispirazione che la modellava in modo in gran parte conforme alla dottrina cristiana: oggi questo non accade più: hanno prevalso altre visioni dell’uomo e del mondo. E forse noi, pur con alcuni tentativi di contrastarle (penso al progetto pastorale di carattere culturale, così poco recepito dal popolo cristiano), non abbiamo saputo controbatterle.