Su Andreotti. E sull’impegno politico dei cattolici

466649_942754_SF99000000_15550684_mediumLa morte di Giulio Andreotti arriva, almeno per noi toscani, a poche ore dalla conclusione di una Settimana Sociale che, proprio a Pistoia, ha visto riuniti circa 400 delegati da tutte le diocesi di una regione che, come l’intero nostro Paese, ha un forte bisogno di speranza.

Nella ricchezza di commenti (spesso ingiusti o parziali) di queste ore attorno a un personaggio con cui gli storici avranno certo modo di confrontarsi a lungo (e di cui si potrà oggi dire tutto tranne negare la sua evidente grandezza), ma anche attorno a una esperienza storica (un partito “di” cattolici) oggi certo defunta, non sarebbe male – anche alla luce di quanto ci si è detti nella “cattedrale laica” di Pistoia, riprendere riflessioni e ipotizzare risposte sul piano operativo attorno alla ricchezza, e attualità, della nostra “dottrina sociale“.

La “Settimana” non ci consegna, per adesso, un documento finale articolato. Però ci lascia suggestioni e un consistente pacchetto di idee su cui i casi sono due: o stendere (magari per il timore di “prendere posizione”) il solito velo di silenzio in attesa che si trasformi in polvere e che arrivi l’ennesimo convegno, oppure trovare il coraggio per prendere qualche iniziativa che, appunto, vada oltre a una dimensione convegnistica (magari pure intrigante e bella) ma che lascia il tempo che trova.

Nel pre-politico (e,  in un oggi così confuso, forse anche nello stesso politico, partendo dai livelli locali e regionali) qualcosa di utile, forse, può essere tentato. O no?

La buona notizia

7 persone, a Quarrata, si sono tolte la vita in un anno.

Grande spazio, questa mattina sulle cronache locali, a questa tematica così come, nei giorni scorsi, altre cronache riferivano sulla gravità dell’alcolismo, specie fra i giovani, sulla Montagna Pistoiese.  “Solitudine e disagio, isolamento e crisi economica” le cause che starebbero all’origine del “triste primato” quarratino e che, certo, non sono estranee a quanto accade più in alto, nell’altra parte del territorio pistoiese.

Sofferenze che chiamano in causa tutti. In particolare noi, comunità ecclesiale, che ci diciamo possessori di una Buona Notizia troppo spesso incapace di produrre, in concreto, speranza.

Published in: on 31 agosto 2011 at 10:42  Comments (1)  
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Se un amico ti manda una e-mail per dire: “ho il Cancro”


“Amici tutti, voglio informarvi che anch’io, da febbraio, ho avuto l’incontro col Cancro, l’imperatore di tutte le malattie. La biopsia ha rivelato un carcinoma prostatico a medio grado di differenziazione”.

Non usa mezzi termini il mio amico Paolo Coccheri – l’uomo di teatro che tutti conoscono per la radicalità della sua testimonianza cristiana, l’inventore delle “ronde della carità” e di tante altre diavolerie.

Ha affidato a una e-mail l’ingrato compito di non tenersi solo per sé una notizia così particolare. Ha voluto condividerla con tutti coloro che hanno un po’ di tempo da dedicare alla riflessione.

Dice di chiamarlo in un modo particolare, il cancro. Lo chiama “il Drago“. Rassicura di combatterlo ogni giorno “con speranza e tenacia”. Dice di volerlo “abbattere”, quel drago, e di volerlo fare “dopo una lunga disputa, dolorosa ma leale”.

Racconta di doversi recare tutte le mattine in quel di Careggi per la radioterapia ritrovandosi con tanti “compagni di Cancro” che attendono di essere chiamati. Ma non per nome (“Io sono 19 verde, stanza 6”). Per iniziare la lotta contro il Drago.

Informa, Coccheri, sulla condizione psicologica con cui ogni paziente attende di essere chiamato (“Si parla pochissimo, si evita decisamente di incrociare gli sguardi per timnore di essere giudicati e commiserati”) perchè chi ha incontrato il Cancro “ha la continua angoscia di essere escluso, abbandonato, quasi fosse affetto da una contagiosa partologia. Persone di tutte le età, bambini compresi, per una condizione di pudore e di dolore dell’anima non si parlano, non salutano, non sorridono, solo si nascondono dallo sguardo dell’altro”.

Dice di capire tutto questo ma anche di essere amareggiato davanti alla “angoscia di essere additati come portatori del Cancro e dunque esclusi, rifiutati, abbandonati”.

E aggiunge una considerazione attualissima, specie in giorni così … scandalosi.

“Da troppi anni la cultura imperante ti impone di essere perfetto nel corpo, possibilmente di aspetto giovanile, palestrato, griffato, perennemente abbronzato, sempre sorridente come gli spettacoli televisivi ci insegnano”. Ecco, invece, la reazione di Paolo (“il Cancro come preziosa scuola di vita, di sofferenza nel corpo ma anche nell’anima”) per reagire e abbattere il Drago (“Occorre informarsi sul piano scientifico, armarsi di speranza e di una indomita volontà di guarire, andando oltre la effimera e perversa cultura dei nostri tempi, persuasi infine che la vita è bella nonostante”).

Grazie – amico che soffre e spera, che teme e lotta – per queste parole. E per la tua testimonianza.

Published in: on 18 gennaio 2011 at 11:03  Comments (2)  
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