La portata del gesto annunciato ieri da Papa Benedetto XVI è di quelle destinate a dispiegarsi e spiegarsi, appieno, nell’arco di tempi lunghi. Una scelta “rivoluzionaria“, quella della rinuncia e della rinuncia “per il bene della Chiesa”, compiuta da un pontefice che molti, e a lungo, hanno definito “conservatore“.
Una decisione che, fra le tante cose, contribuisce a rendere ancora più misteriose e inafferrabili categorie, su cui spesso amiamo confrontarci anche all’interno della Chiesa, come “progressisti” o “conservatori”.
Chi sono i “progressisti” e chi i “conservatori“?
Che vuol dire “progredire” (e che vuol dire “conservare“) quando un rigoroso e severo papa “conservatore” sceglie di rinunciare al “ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro” a lui “affidato per mano dei Cardinali” nel conclave di otto anni fa ?