Oscar Luigi Scalfaro

Illustre uomo cattolico di Stato, integerrimo magistrato e fedelissimo servitore delle istituzioni che nelle pubbliche responsabilità ricoperte sempre si adoperò per la promozione del bene comune e dei perenni valori etico-religiosi cristiani propri della tradizione storica e civile dell’Italia“. Lo ha scritto papa Benedetto XVI in un telegramma in ricordo di quel presidente emerito della Repubblica i cui funerali – per esplicita volontà del defunto – si sono svolti oggi, a Roma, in forma non ufficiale.

Frasi all’apparenza roboanti e retoriche. Ma riferite a quel presidente della Repubblica – l’uomo che sul comodino teneva un rosario e la Costituzione – roboanti e retoriche, fastidiose e improprie, certo non so sono.

Si chiamava Oscar Luigi di nome. E Scalfaro di cognome. Senza di lui, indubbio, siamo tutti più poveri.

Published in: on 30 gennaio 2012 at 20:53  Lascia un commento  
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Il giornalista: e se fosse “profeta”?

Recuperare la testimonianza profetica del comunicatore: per dire le cose che tutti vedono, ma non sanno riconoscere“. Così, in una terra particolare come quella attorno a Caserta, il giovane padre gesuita Francesco Occhetta – assistente ecclesiastico di UCSI, Unione Cattolica stampa Italiana, introducendo qusto pomeriggio il congresso nazionale che si svolge, a Caserta, sul tema “Credibilità dell’informazione in Italia: un giornalismo di servizio pubblico“. Un invito forte, a cambiare passo nel nostro mestiere. Mestiere a … credibilità attenuata.

Published in: on 27 gennaio 2012 at 17:25  Comments (1)  
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Lo spettacolo “blasfermo” e il Rosario che “ripara”

Sullo spettacolo “blasfemo” di Castellucci a Milano è partito un dibattito pieno di pregiudizi. Ma nella lettera del regista trovo un dolore e una ricerca che, come padre e credente, sento mie“. Lo ha scritto ieri, su “Libero“, Antonio Socci e mai come stavolta mi sono trovato d’accordo.

Ci si riferisce a uno spettacolo teatrale (“Sul concetto di volto nel figlio di Dio“) già rappresentato a Parigi – ma anche a Roma – e che ha scatenato una forte polemica in gruppi di cattolici tradizionalisti. E si riferisce, Socci, a una lettera scritta giorni fa dal regista per spiegare che il suo non vuole essere uno spettacolo né “blasfemo” né offensivo contro la sensibilità di noi cristiani. Anzi …

Anche a Firenze, martedì prossimo in contemporanea alla prima ello “spettacolo blasfemo di Milano dove si offende e si deturpa sacrilegalmente il volto di Nostro Signore Gesù Cristo“, verrà recitato – ci informa così una mail spedita da comunionetradizional@libero.it – “il S.Rosario e successivamente sarà celebrata una S. Messa in rito romano antico“. Come “riparazione“.

Il botta/risposta mediatico contro il regista romagnolo Romeo Castellucci (di ieri un intervento assai pacato di “Avvenire“) e contro uno spettacolo che – presumo – la stragrande maggioranza di noi che ne scriviamo non ha visto e dunque può giudicare solo per sentito dire con l’inevitabile rischio di far prevalere i pre-giudizi sulla ragione, rischia di fare solo l’interesse di uno spettacolo che altrimenti – ripresumo – sarebbe passato inosservato. E anche io, come Antonio Socci, vorrei intitolare “Perchè voglio vedere la pièce su Gesù“.

Fermo restando che anche a me, talvolta, colpisce la ipocrita diversità di alcune reazioni in un politicamente corretto che non fa bene a nessuno, trovo fondamentale il diritto a manifestare dissenso (anche – e ci mancherebbe pure … – verso questa o quell’altra opera culturale). Magari sarebbe meglio se il dissenso derivasse da una visione diretta di quell’opera. Ma il dissenso è sacrosanto, così come sacrosanta è – almeno nell’Italia governata dalla Costituzione del 1948 – la libertà artistica. 

Concordo con chi scrive che neppure il dissenso “può accompagnarsi a eccessi di qualunque tipo anche solo verbali“. E di “eccessi”  ne vedo diversi, anche in certi atteggiamenti oltranzisti: i “S.Rosari” riparatori e le “S.Messe” in (?) romano antico (dove i punti – presumo – nascondono aggettivazioni impegnative come quelle relative alla “santità”) mi lasciano una certa perplessità.

Presumo che Nostro Signore Gesù Cristo, da lassù, ci guardi come minimo incuriosito. Quando è venuto sulla Terra per salvarci dai nostri peccati predicando un messaggio certo assai poco tenero per farisei e colleghi, lui – il Volto – ce lo ha messo davvero. E non solo quello.

Published in: on 21 gennaio 2012 at 14:04  Comments (7)  
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I 700 anni dal furto di Musciattino

Che la rivalità fra Prato e Pistoia (o tra Pistoia e Prato, vedete voi) nasca anche da quella vicenda, sono in molti a pensarlo. Mi riferisco a tale Musciattino e al tentativo di furto della “Sacra Cintola” conservata ancora oggi nella Cattedrale di Prato: un tentativo finito male, come ricorda un articolo pubblicato in altra pagina di questo sito.  Fra poche settimane, il 28 luglio di questo 2012, saranno esattamente 700 anni dallo sfortunato tentativo del Musciattino.

Solo da poco Prato ha avuto la sua definitiva autonomia come diocesi (1954) e come provincia (1992). Le rivalità di un tempo sono oggi sopite e annacquate in sfottò del tutto innocenti. Ben altri sono i problemi veri che coinvolgono le comunità. Solo qualche appassionato ricorda la vicenda di Musciattino e del furto finito “male” (o “bene“, a seconda delle angolature). Una parte di territorio della provincia di Prato è ancora sotto la diocesi di Pistoia e questo non crea problemi in un contesto che sempre più – specie oggi con la crisi della dimensione “provinciale” – potrebbe parlare il linguaggio della “metropolitaneità”.

Allora perchè non mettere in piedi – anche per sorridere un po’, ma anche per riflettere sul significato di Chiesa locale, di comunità locale, di rapporto con l’universalità e la globalità del contesto in cui viviamo – qualcosa per ricordare l’antica storia di Musciattino? Nelle radici lontane di due comunità così vicine, c’è anche – inutile nasconderlo – quel Musciattino che dopo aver rubato la reliquia era convinto di averla portata a Pistoia ma era ancora a Prato e finì per farci una figura (avrebbero detto a Firenze) proprio da bischero rimettendoci le mani e non solo.

Il problema è trovare l’ambiente dove organizzare il ricordo: eviterei una delle due città e punterei su una terra di confine: magari Poggio a Caiano (Provincia di Prato, ma Diocesi di Pistoia che nel 2012 festeggia i suoi primi 50 anni) o magari Vignole, sede di quella Banca di Credito Cooperativo nata nel pistoiese ma assai bene penetrata nel pratese.

La stessa Madonna, son convinto, non vedrebbe poi male un incontro fra le due comunità, ecclesiali e civili, nel nome di una cintola che non era proprio il caso di … rubare (oltretutto – per la cronaca – in modo così maldestro).

Published in: on 16 gennaio 2012 at 21:52  Comments (1)  
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Costavano di meno?

Restano in mente, nel dramma della gigantesca nave da crociera davanti al Giglio, anche le immagini dei tanti lavoratori stranieri impiegati su quello e, presumibile, su tanti altri barconi da divertimentificio. 1_YxGTF2Voc  Oggi, giornata dell’immigrazione, il pensiero si fa ancora più pertinente e fra i tanti simboli di questa vicenda (il comandante che abbandona la nave prima dei passegeri, il naufragio della nave/Italia …) ci sono anche loro: lavoratori (molti filippini) che magari (speriamo di no) sono stati assunti come camerieri solo perchè, nel mercato delle braccia, costavano meno.

Published in: on 15 gennaio 2012 at 13:04  Lascia un commento  
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Legge elettorale fra “arbitri” e “arbitro”

E se dopo la sentenza di ieri della Corte Costituzionale sulla non ammissibilità del referendum in materia di legge elettorale, i gruppi parlamentari non riuscissero – come probabile – a varare un nuovo testo e dunque pretendessero di farci rivotare con il “Porcellum” di mister Calderoli?

Ho il forte sospetto, per quello che riguarda il mio personale modo di essere cittadino, che il giorno del voto partirei non per il mare ma per la montagna.

Mi dispiace molto (i miei genitori mi insegnarono l’importanza del voto, loro che avevano conosciuto un regime che vietava il voto libero. Io ho sempre votato, a volte convinto a volte meno, ma ho sempre messo la scheda nell’urna), mi dispiace molto ma, alla prossima, allungherò la già folta schiera del partito del non voto.

Mi dispiace anche perchè sono fra quelli che alla politica ci crede e che soffre vedendo l’esercizio del potere sempre più affidato a soluzioni non democratiche, assai poco trasparenti.

Ai capi di questi partiti politici che, un po’ tutti, si trovano molto bene con i vari “porcellum” esistenti a Roma e a Firenze, interesserà assai poco – tanto ci sarà sempre chi andrà ad avallare scelte sottratte alla libertà e alla responsabilità dei cittadini – ma io ho conosciuto Roberto Ruffilli. Lo uccise la follia del terrorismo: forse proprio perchè sosteneva la differenza fra un “arbitrio” e un “arbitro”.

Differenza enorme anche solo per una semplice “i”. Per lui, per il professor Ruffilli, erano i cittadini a dover essere gli “arbitri della democrazia”.

Published in: on 13 gennaio 2012 at 14:52  Comments (4)  

Le fatture della “mistica”: IVA assolta

Confesso che quando li ho letti sono sobbalzato. Mi riferisco ai pezzi usciti stamani sulle cronache di “La Nazione” e “Il Tirreno” sulla “lunga e appassionata arringa” dell’avvocato che difende la “santona del San Baronto”. Siamo in Tribunale, nella Pistoia del gennaio 2012. La sentenza è prevista a giorni.

Rispettoso per il giudizio della giustizia umana (ma ancor più incuriosito per quello – dalle tempistiche e dalle tecniche decisamente … altre – proveniente dalla giustizia divina), non entro nel merito di questioni su cui dovrà esprimersi il magistrato. Il sobbalzo, però, l’ho provato.

“L’accusa del passato – ha detto l’avvocato della signora – è la stessa di oggi: i farisei contro Gesù, i mondani e i materialisti contro Maria Gigliola Giorgini“. Giustamente la sintesi giornalistica tira la inevitabile somma titolando “Come i farisei contro Gesù“. Ho le mie idee sulla vicenda e di sicuro mi merito l’accusa di farisaismo. Ma questo parallelo con Gesù, via …

L’arringa prosegue citando le “quattro persecuzioni” subite dalla “mistica” che, per le sue “pratiche religiose  … emetteva regolare fattura inclusiva di Iva”. A perseguitare la signora, oltre alla “giustizia umana”, si sarebbero messi nientemento che “settori della chiesa gerarchica”, “il diavolo”, le “tribolazioni dovute al corpo”. Esattamente come spesso è capitato – prosegue l’avvocato – ai “santi“. I capi d’imputazione (prosaicamente: associazione a delinquere, esercizio abusivo della professione medica, truffa aggravata) fanno concludere, alla difesa, con uno stentoreo “Perdona loro perchè non sanno quello che fanno“.

Non c’è – chiedo – di che sobbalzare?

Published in: on 11 gennaio 2012 at 22:11  Lascia un commento  
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Quel “tributo” da pagare alla Rai

Può la Rai utilizzare l’immagine di un papa (nella specie un grande pontefiche anche “mediatico”: Giovanni Paolo II) nello spot di inizio anno per convincere gli italiani a pagare uno fra i “tributi” meno simpatici, noto come “canone di abbonamento Rai per il 2012″?

Qualcuno pensa di no e, fra questi, anche alcuni serissimi parlamentari secondo cui la scelta dell’azienda – affidata, pare, a una agenzia pubblicitaria esterna – è quantomeno “inopportuna”.

Chissà come si diverte, da Lassù, quel “wojtylaccio” che seppe dominare i media con la sua forza interiore e con le sue indubbie capacità di uomo pubblico. E chissà come ne sta chiacchierando con “il capo”, quel Gesù che già una volta – a proposito di “tributi” da pagare a “Cesare” – seppe mettere in castagna chi in castagna voleva mettercelo.

A quell’azienda (che l’altra sera, ad esempio, ci ha offerto su Rai3 uno splendido programma sul cristianesimo nelle zone difficili) , in molti siamo affezionati: ci dispiace vederla soffrire; ci imbarazza vederla incatenata; ci fa soffrire vederla troppo spesso incapace di reagire.

Proprio in conseguenza del tributo pagato, in virtù del quale ciascuno di noi è anche micro-azionista, la vorremmo davvero, quella azienda,  capace di offrirci un servizio pubblico coerente sia con il sostantivo che con l’aggettivo.

Ma forse, per questo, ci resta solo una possibilità: pregare in Alto, molto in Alto …

http://www.youtube.com/watch?v=9n6DykNmdzY&feature=player_embedded

Published in: on 9 gennaio 2012 at 22:39  Comments (4)  
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Auto di lusso e fisco: Paperoni e Paperini

In effetti ha ragione l’ex ministro. Non a fare l’offeso (per conto degli evasori?) sul blitz della Finanza in Cortina e dintorni, ma a sostenere che i dati sulle auto di lusso si trovano, tranquillamente, in ogni provincia negli appositi registri ACI. Ha dunque fatto bene, stamani, “Il Tirreno” di Pistoia a darci un’occhiata, in quei registri pistoiesi scoprendo ciò che in molti si sospettava ma che adesso ha il sostegno della prova: in una provincia fortemente colpita dalla crisi e dove il reddito pro-capite medio sta sotto i 20 mila euro, a parte i 23 mila del Comune capoluogo, sono registrate più di 4 mila automobili di lusso (cilindrata superiore ai 3 mila cc, costi superiori anche ai 100 mila euro per ciascun bolide). Sono i Suv, i fuoristrada, le berline che spesso dimostrano cafonaggine ma che sempre costano un occhio non solo a comprarle ma anche a tenerle (con la benzina a 1,8 quanto potrà costare un pieno?).

Considerando anche le auto di categoria immediatamente inferiore (fra i 2.500 e i 3 mila. Robetta, comunque, dal costo ben superiore ai 50/60 mila euro) si scopre che fra noi – Pistoia e provincia – circolano oltre 10.300 super auto.

Nulla di male (non sono invidioso) se i proprietari pagassero le tasse giuste: quelle rispettose dei redditi reali, secondo quanto previsto dalla Costituzione. Ma ciò, evidentemente, non accade. I Paperoni sulla strada, al fisco diventano tutti Paolini …

Un piccolo consiglio per chi – fra i proprietari di supercar che evadono il fisco – come cristiano va in chiesa: non credo sia sufficiente pentirsi attraverso una confessioncina; oltre a questo, che certo male non fa, vedete pure di smetterla con il mettere le mani nelle tasche di noi che le tasse le paghiamo tutte.  Chissà perchè, ma son sicuro che Gesù Cristo (quello della tassa da pagare a Cesare) la pensa proprio così …

Published in: on 8 gennaio 2012 at 10:46  Comments (2)  
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Giochi d’azzardo: spennati e contenti?

Accendi la tv, alla serata ci penso io“. E’ la pubblicità, ammiccante, di “Winga tv“: canale televisivo attaverso cui (“Mettiti comodo, al casinò ti porta Winga“) ciascuno può giocare – alla roulette – spendendo soldi veri con la speranza di vincere. Dietro c’è lo Stato (uno Stato … croupier) attraverso AMS: l’Amministrazione dei Monopoli (appunto) di Stato.

Un finto croupier, stringendo la pallina davanti alla roulette, guarda fisso negli occhi ciascuno di noi che, impauriti davanti alle notizie nelle pagine accanto, possiamo farci venire la tentazione di perdere soldi nelle più subdola delle tasse: quella legata al gioco d’azzardo.

Sono 17 milioni, pare, gli italiani coinvolti nel gioco d’azzardo con un 8% – si legge oggi su “Avvenire” – classificato fra i “problematici”: soggetti, cioè, molto a rischio davanti al grande businnes (slot in tutti i bar, poket e casinò on line, grattini …) dell’azzardo. Autentica “epidemia sociale” da 75 miliardi all’anno in un’Italia dove tutto questo è, oltretutto, a forte rischio di criminalità organizzata. Lobbies potentissime, quelle delle società legate all’azzardo, che riescono pure a non pagare le multe milionarie che la Corte dei Conti aveva inflitto per le concessioni.

L’altro giorno, sempre su “Avvenire” e dopo un monito dal cardinale Angelo Bagnasco, un economista come Luigino Bruni ha lanciato almeno due proposte che meriterebbero di non cadere nel vuoto: proibire le pubblicità per i giochi d’azzardo; premiare con marchi di qualità quei locali e bar capaci di rinunciare alle slot. La prima spetta allo Stato. Ma la seconda potrebbe spettare alla società civile, cioè a ciascuno di noi (parrocchie e movimenti ecclesiali compresi).

Nessuna demonizzazione, per carità, di chi ogni tanto – e chi non lo fa? – acquista un “grattino” o si lascia tentare dall’azzardo: basta essere consapevoli che tentare la fortuna è impresa complessa soprattutto perchè, alla roulette e non solo, a vincere è sempre il … Banco.

Ma che tristezza vedere tanta povera gente in coda al bar (e anche in qualche circolo parrocchiale !!!) davanti a macchinette mangiasoldi. Che pena intuire che tanti piccoli “fantozzi-ragionier-ugo” usano tv e computer per connettersi a Winga

Published in: on 6 gennaio 2012 at 13:09  Lascia un commento  
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