Esco dalla liturgia, in parrocchia, del Venerdì Santo. Molti fedeli, clima composto, partecipazione sentita al grande evento della Passione di Gesù. Nella omelia il parroco ci parla del Trafitto, di tutti i trafitti, dell’importanza di guardare a questa particolare dimensione di sofferenza.
E non posso fare a meno di pensare a una persona. La conosco appena. E’ un moderno esempio di sostanziale ingiustizia. Una delle tante ingiustizie con cui, anche qui, tutti conviviasmo in incivile rassegnazione.
Vive qui vicino a dove abito. Ha bisogno di lavorare. Non trova lavoro se non qualcosa a domicilio. E’ ormai vecchia, ma è ancora abile in quelli che, un tempo lontano, si chiamavano “lavori femminili”. Lavora la rafia, quella particolare fibra che serve per fare borse, cappelli, tappeti, tovagliette, corde, cesti. Lei “fa” uno dei prodotti sopra citati. Lavora, a casa, per un grande marchio – italianissimo, fiorentinissimo – della moda. Un marchio conosciuto nel mondo, un logo, una griffe di grande prestigio.
Si sbatte, letteralmente, su quel prodotto. Ci ha quasi rimesso gli occhi. Per farne un esemplare – di quel prodotto – lavora, con l’antica arte dell’intreccio, fino a 12/13 ore. Lavoro a domicilio. E’ una delle tante. Viene pagata, da un intermediario, qualcosa come 9 euro (presumo al nero. Non ho mai indagato bene questo aspetto). All’incirca 0,70 centesimi l’ora. Dicesse di no, l’intermediario – di donne come lei – ne troverebbe a decine. E di quei piccoli soldi, lei oltretutto restata vedova, ne ha dignitoso bisogno.
L’oggetto che la vecchia produce, qui vicino a dove io abito nella civilissima area metropolitana che unisce Firenze con Pistoia attraverso Prato, lo si può trovare in vendita – sul sito web del famosissimo marchio – a quasi 1.800 euro. Non oso pensare quanto possa costare nei negozi di lusso, sulle grandi vie del cosiddetto shopping, con ricevuta fiscale o meno.
Per la precisione, il prodotto è completato da tre o quattro borchie in metallo, da qualche rinforzo in pelle e soprattutto dal marchio: per inserire queste “migliorie” (marchio compreso) presumo occorrano qualche decina di minuti di lavoro e, non sono esperto in queste cose, un centinaio di euro di costo/prodotto. Ma fossero anche duecento, fossero anche trecento … per arrivare a quasi 1.800 ce ne vuole. Soprattutto perchè il lavoro vero lo ha “fatto”, a casa sua e per uno schiaffo di miseria, proprio lei che, per quella fatica, riceverà ben 9 euro !
Ascolto il mio parroco dopo aver ascoltato la lettura della Passione, mi alzo per l’adorazione della croce, osservo il Trafitto, torno al mio banco, canto anch’io le lamentazioni del Signore con la domanda – terribile e sempre attuale – “popolo mio che male ti ho fatto? In che ti ho provocato? Dammi risposta“.
Ma finisco per confondere quel Trafitto con un’altra trafitta. Si chiama come la vecchia signora maestra nell’arte della rafia. E si chiama anche in un altro modo. A occhio e croce direi che si chiama “giustizia”.