“Chi fa chiacchiere vuole uccidere i fratelli”. Parola di papa Francesco

maldicenzaParole chiare, dal papa Francesco, anche su un fenomeno interno a molte comunità (ecclesiali comprese !) definibile come “chiacchiericcio” o gusto del “pettegolezzo”. “Chi fa chiacchiere – dice il papa – vuole uccidere i fratelli”.

Fenomeno sempre esistito, ma perchè non provare – specie all’interno delle comunità ecclesiali locali – a non darlo per “normale”?  Quante volte, anche in diocesi di Pistoia, anche nelle nostre piccole parrocchie di città o di paese, si assiste a fratelli e sorelle della stessa fede impegnati/e a sparlarsi gli uni dietro gli altri? Quante volte ciò lo verifichiamo anche fra preti e religiosi? Possibile che non esista – nella Chiesa, oltretutto, fondata da un tale chiamato Cristo – un modo più “civile”, più franco, più leale, meno ipocrita, per confrontarsi nella bellezza, nella ricchezza, nel valore di opinioni diverse?

Published in: on 2 settembre 2013 at 10:24  Lascia un commento  
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Chiesa: il senso della unità

puzzle_pieces_id150248_size500o“Non meno facile per il futuro pontefice sarà il compito di tenere l’unità nella Chiesa Cattolica medesima.
Tra estremisti ultratradizionalisti e estremisti ultraprogressisti, tra sacerdoti ribelli all’obbedienza e quelli che non riconoscono i segni dei tempi, ci sarà sempre il pericolo di scismi minori che non soltanto danneggiano la Chiesa, ma che vanno contro la volontà di Dio: l’unità ad ogni costo. Unità però, non significa uniformismo. E’ evidente che ciò non chiude le porte alla discussione intra-ecclesiale, presente in tutta la storia della Chiesa. Tutti sono liberi di esprimere i loro pensieri circa il compito della Chiesa, ma che siano proposte nella linea di quel depositum fidei che il pontefice insieme a tutti i vescovi hanno il compito di custodire”.
Alla vigilia di una Settimana teologica dedicata alla sinodalità, alla partecipazione, alla corresponsabilità (“La chiesa è di tutti“. Pistoia 2-7 settembre 2013) può essere interessante anche questo passaggio tratto dalla meditazione (pubblicata da “Il sismografo”) che l’anziano cardinale maltese Prospero Grech rivolse ai 115 cardinali elettori presenti all’apertura del Conclave che lo scorso 13 marzo elesse papa Francesco. Da leggere anche tenendo conto delle non poche novità introdotte da papa Bergoglio in questi primi mesi di pontificato.

Monsignor … don

E che dire di quanto, secondo un quotidiano locale, accade ormai da qualche mese nella chiesa veneziana?

Pare che il patriarca di quella importante diocesi, in un sostanziale omaggio alla linea di sobrietà ecclesiale inaugurata da papa Francesco, abbia cominciato a non chiamare più “monsignori” i suoi prelati – a parte quelli, appunto, di nomina pontificia – che fino ad allora avevano diritto a quell’appellativo.

Basta, nelle comunicazioni ufficiali e in quelle ordinarie, un semplice “don”.

Published in: on 16 agosto 2013 at 15:14  Comments (1)  

La forza di quella sedia vuota

20130623_49389_31a5a1cde5308114350f6a706700705e_medL’ho appena trovato nel profilo di un “amico” di Facebook ma, giuro, l’ho pensato subito, l’altro giorno, quando mi sono accorto, dalla diretta tv, che papa Francesco non era voluto andare – per altri impegni da lui giudicati più urgenti – al concerto offertogli in occasione dell’Anno della Fede.

Davanti alla potenza comunicativa di quella sedia bianca che restava vuota (grande uomo anche di comunicazione, e di comunicazione autentica, questo pontefice!) mi è subito venuto in mente che la forza di quella sedia vuota era paragonabile a qualcosa di cui si sta celebrando, fra timori e tremori, fra nostalgie e silenzi, il cinquantesimo. Un Concilio.

Published in: on 25 giugno 2013 at 08:18  Lascia un commento  
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A proposito di papa Francesco

Udienza generale di Papa FrancescoEhi: ma come le sta dicendo grosse, e forti, papa Francesco …

Published in: on 25 Maggio 2013 at 20:32  Comments (1)  
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Pistoia-Firenze: tempi moderni in treno

CONFESSO

Confesso: avrei voluto scriverlo io,
un pezzo così bello, efficace, vero.
Grazie all’autore
(Mauro Banchini) 

 

‘TEMPI MODERNI’ E RAPPORTI UMANI
(CHE NON CI SONO PIÙ) *
                                                                                                                                                          di Luigi Scardigli
                                                                                                                           Una tragica passata in treno da Pistoia a Firenze –
                                                                                                                                   Non esistono più neppure gli studenti
                                                                                                                                        * dal blog “Quarrata News”

PISTOIA-FIRENZE – Stamattina ho preso il treno per andare a Firenze. No, non colgo nuovamente l’occasione per tediarvi ancora con gli orari e con una sporcizia che supera ormai ogni ragionevole indecenza. Mi preme che ogni normodotato che legge (questo) si faccia promotore di una campagna che a mio avviso ha dell’epocale. Nessuno parla più con nessuno, se non da solo. Non sto scherzando, è la drammatica e ahinoi, sintomatica, chiave di lettura di una follia degenerante che si sta impossessando di questa generazione, non a caso, anche per questo motivo, credo, allo sbando.

Sono stato cinquanta minuti in treno all’interno di uno scompartimento pieno in ogni ordine di posti; più di cinquanta persone. Ognuno di queste ha trascorso l’intera durata del tragitto a digitare non so cosa sul proprio telefonino o sfogliando uno di quei quaderni informatici. Tutti, ma proprio tutti, eh, non contenti del proprio preoccupante nichilismo, non ne ha nemmeno approfittato, in una bella giornata come oggi, per alzare la testa e, casomai, incrociare lo sguardo di una bella persona; erano tutti muniti di auricolari con i quali ascoltavano – credo – la musica.

E dire che di cose di cui parlare, in relazione agli accadimenti di ieri, ce n’erano eccome: il processo Berlusconi, per gli amanti del trash; i buuu negli stadi, per chi crede che il colore della pelle valga qualcosa; la follia devastante e omicida dell’extracomunitario a Milano e quella del geloso a Caserta; il nuovo Cd dei Pink Floyd nella raccolta di Repubblica; il Convento del nuovo governo; le mezze stagioni che non ci sono più, la sigaretta elettronica, lo scudetto della Juve, Valentino Rossi che non è più lo stesso, “menomale oggi c’è il sole ma da domani pioverà di nuovo”, “che c’andiamo a fare all’Università”, “lavoro non se ne trova” o che so?, scegliete voi, ma parliamone, per favore, di qualcosa parliamo, diamine!

E a te che te ne frega? Tutto. Sono stato un frequentatore assiduo, quotidiano, del treno che da Pistoia porta a Firenze: erano gli anni, bellissimi, dell’Università. Vero, i treni arrivavano in ritardo, come oggi, erano sporchi, come oggi, affollati, come oggi, ma con un’unica grande eccezione: si parlava, un sacco e anche contemporaneamente. Sui treni di noi studenti, con la pioggia o con il vento, con il freddo e con il caldo, si discuteva, si litigava, ci si dava appuntamenti, si interagiva, nel senso più nobile e caotico del termine.

Ho conosciuto, durante gli anni universitari, una miriade di persone con le quali ancora oggi, a distanza di oltre venti anni, scambio opinioni, pareri, cene, qualche volta anche un pizzico di intimità. Bellissimo!

Preso dall’indignazione e dalla rabbia, tra le stazioni di Prato Porta al Serraglio e Prato Centrale mi sono alzato e ho voluto vedere, da vicino, se le mie impressioni ortogonali ricevute dal mio punto di osservazione corrispondessero alla realtà: sì, tragicamente. Due ragazzi però, che sono quelli che ho immortalato con la fotografia (nemmeno il flash li ha distolti dalla loro rumorosissima solitudine), qualcosa hanno condiviso: con un unico auricolare (all’orecchio destro, uno, al sinistro l’altro) hanno potuto, senza scambiarsi una sillaba per tutto il tragitto, nemmeno sul sound della musica che stavano ascoltando, spartirsi le note, senza tradire la benché minima emozione.

Mentre scrivo mi accorgo, inesorabilmente, di invecchiare. Ma non tutto ciò che è passato è da cambiare, da buttare: qualcosa si può conservare, qualcosa si deve conservare: anzi, qualcosa occorre proteggere e solidificare. I rapporti umani, ad esempio. Ce n’è un gran bisogno, credetemi!

Published in: on 14 Maggio 2013 at 19:37  Comments (1)  
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Su Andreotti. E sull’impegno politico dei cattolici

466649_942754_SF99000000_15550684_mediumLa morte di Giulio Andreotti arriva, almeno per noi toscani, a poche ore dalla conclusione di una Settimana Sociale che, proprio a Pistoia, ha visto riuniti circa 400 delegati da tutte le diocesi di una regione che, come l’intero nostro Paese, ha un forte bisogno di speranza.

Nella ricchezza di commenti (spesso ingiusti o parziali) di queste ore attorno a un personaggio con cui gli storici avranno certo modo di confrontarsi a lungo (e di cui si potrà oggi dire tutto tranne negare la sua evidente grandezza), ma anche attorno a una esperienza storica (un partito “di” cattolici) oggi certo defunta, non sarebbe male – anche alla luce di quanto ci si è detti nella “cattedrale laica” di Pistoia, riprendere riflessioni e ipotizzare risposte sul piano operativo attorno alla ricchezza, e attualità, della nostra “dottrina sociale“.

La “Settimana” non ci consegna, per adesso, un documento finale articolato. Però ci lascia suggestioni e un consistente pacchetto di idee su cui i casi sono due: o stendere (magari per il timore di “prendere posizione”) il solito velo di silenzio in attesa che si trasformi in polvere e che arrivi l’ennesimo convegno, oppure trovare il coraggio per prendere qualche iniziativa che, appunto, vada oltre a una dimensione convegnistica (magari pure intrigante e bella) ma che lascia il tempo che trova.

Nel pre-politico (e,  in un oggi così confuso, forse anche nello stesso politico, partendo dai livelli locali e regionali) qualcosa di utile, forse, può essere tentato. O no?

Il “piccolo” caso dell’ospedale di San Marcello Pistoiese

sf000207_800Efficienza ed efficacia“. Sono soltanto questi i due “indicatori” cui quella che – da ormai da molti anni (non a caso scrivo il giorno dopo la morte di Margaret Thatcher) – si chiama “Azienda” sanitaria affida il vero futuro del piccolo ospedale di San Marcello Pistoiese.

In base a indicazioni che vengono dalla politica e che, a loro volta, nascono dalla necessità di effettuare una fortissima revisione nella spesa pubblica, i tecnici e i professionisti dell’azienda sanitaria hanno varato un “progetto di riqualificazione e riorganizzazione” per le attività “ospedaliera” e “territoriale” della Montagna Pistoiese (un grande territorio popolato, purtroppo, sempre più da cinghiali che da esseri umani. Esseri umani che, ogni tanto, sono anche elettori: e cosa volete contino neppure 15 mila elettori? Poco, molto poco, ho il timore).

Nelle attività del piccolo ospedale sorto a metà dell’800 da un gesto di carità di un possidente in favore dei “poveri” della Montagna Pistoiese, ciò che per i tecnici è “qualificazione” e “potenziamento“, per i cittadini è semplicemente “smantellamento” e “strada certa verso la chiusura“. E  una affollata assemblea, ospitata l’altra sera nella sala parrocchiale, sotto un crocifisso che guardava dolente, è stata la riprova di una confusione non solo terminologica: da una parte si scrivono parole che dall’altra vengono lette in modo diverso rispetto a ciò che chi le scrive intendeva comunicare. In mezzo: politica e istituzioni, apparse in grande difficoltà. Con un fossato che non può non preoccupare chi crede nella democrazia rappresentativa.

Tornando agli “indicatori“, l’azienda – spiraglio di una certa importanza – ha garantito che ci sarà un “monitoraggio“: durerà almeno 6 mesi; al termine si vedrà se introdurre “eventuali interventi di miglioramento/adattamento“. Ma i criteri con cui effettuare il monitoraggio, e introdurre eventuali correttivi, sono soltanto i due ricordati: “efficienza ed efficacia“.

Forse inevitabile, con le leggi aziendalistiche che ormai ci dominano, ma non è proprio qui che la politica – oggi in forte crisi proprio anche perchè ormai schiava di un mondo dominato dalle logiche, certo non trasparenti e certo ormai fallite, di una finanza globale – potrebbe recuperare una parte della sua credibilità? Possibile che oltre a questi due principi non ne esistano altri?

E non è proprio la nostra Costituzione, seguita da leggi statali e regionali, a pretendere per le aree montane trattamenti “altri” che considerino la difficoltà, preliminare, di abitare la montagna dando così, oltretutto, una grande mano all’intero territorio italiano? Nessuno ricorda l’efficacia delle parole di don Lorenzo Milani sulla impossibilità, e sulla ingiustizia, di fare “parti uguali fra disuguali”?

Possibile che non esistano “altri” modelli attraverso cui, certo rispettando l’obbligo di non sprecare risorse pubbliche, sia possibile invertire la tendenza a far discendere tutto, anche nella salute, da impostazioni aziendalistiche? E poi, anche considerando il rapporto costi/benefici riferito alla realtà del piccolo ospedale “Lorenzo Pacini“: chi spreca davvero risorse pubbliche? Sicuri che lo spreco venga dal mantenere in vita, con un minimo di dignità, questo piccolo e per molti aspetti efficiente ed efficace ospedale di montagna?

Alla vigilia del grande incontro che si svolgerà proprio a Pistoia fra poche settimane con i rappresentanti di tutte le diocesi toscane sull’apporto che la dottrina sociale della Chiesa può fornire, anche in termini di speranza, a una Toscana sempre più appassita e rinsecchita in sé stessa, non sarebbe male se il piccolo caso del piccolo ospedale di San Marcello venisse preso a emblema circa la necessità di un grande risveglio in favore di politiche capaci di interpretare le ragioni della persona?

Published in: on 9 aprile 2013 at 08:00  Comments (1)  
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Un nome nuovo ai “grattini” per non farci ingannare troppo

gratta-e-vinci-on-lineNel mare magnum del web c’è un sito (www.change.org) che ospita petizioni di natura varia, sottoscrivibili con un semplice clic da ciascuno di noi. E’ una piattaforma di campagne sociali, nata negli USA sei anni fa e da neppure un anno sbarcata in Italia.

Premesso che non sono un entusiasta per questo tipo di “partecipazione”, anche se non mi sfuggono certi aspetti intriganti, mi è quasi venuta voglia di sottoscriverne una (di queste petizioni) attorno a un profilo su cui milioni di italiani stanno correndo non pochi rischi: il gioco d’azzardo. La petizione chiede di cambiare il nome alla più nota fra le lotterie instantanee gestite (con non poche contraddizioni) dallo Stato: il cosiddetto “Gratta e Vinci”.

Poichè, in pratica, si “gratta” molto ma si “vince” decisamente poco (le probabilità scientifiche di vincere sono, in effetti, bassissime. Trattasi dunque, nella realtà, di una vera e propria tassa: una tassa sulla dabbenaggine di tanti sprovveduti), la pretizione suggerisce un nuovo e più appropriato nome per i cosiddetti grattini (“Gratta e gioca“).

“Provo un sentimento misto di rabbia e dispiacere – spiega l’ideatore della petizione – ogni volta che durante la paura pranzo, di lavoro o in altri momenti della giornata, mi capita di vedere peresone con più anni di me, con anni di lavoro e una professionalità invidiabile alle spalle, spendere cifre inaudite nella speranza di una vincita generosa e cospicua”. Come non dargli torto? Come far finta di non vedere cosa accade in una qualunque tabaccheria?

In realtà, come dimostrato dalle associazioni dei consumatori, il nome della lotteria (“Gratta e vinci“) è ingannevole e subdolo: per giocare con moderazione (preciso: nessun problema se uno vuole giocare. Pure a me piace il gioco. Il problema è, appunto, la moderazione; la consapevolezza che a vincere è praticamente sempre il … banco) non basta scriverlo piccolo-piccolo: forse sarebbe un maggiore deterrente, davvero, cambiare il nome ai grattini. “Gratta e gioca” non mi pare dunque male, anche per ricordarci come la nostra vita non può essere appesa a un pezzo di carta argentata che promette una “sistemazione” all’apparenza facile, ma in realtà illusoria.

Ho deciso: firmerò la petizione !

Published in: on 2 aprile 2013 at 09:03  Lascia un commento  
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Una lezione dalla Santissima Annunziata (intesa come chiesa)

NUNZIATA002-20130330E’ molto antica, a Pistoia, la Chiesa della Santissima Annunziata: nelle forme attuali risale al Sei/Settecento, ma un edificio sacro (da sempre affidato ai Servi di Maria) in quello spazio c’è dalla fine del Dugento. Molto antica, la chiesa dedicata all’Annunziata, e con una storia affascinante.

Proprio questo pomeriggio di sabato santo, in una giornata decisamente invernale e di notevoli piogge, una parte del tetto del salone parrocchiale è crollata e anche la chiesa è stata chiusa, resa inagibile, per precauzione. Con il conseguente annullamento dei riti, incredibilmente belli, della Veglia.

La manutenzione, ordinaria e straordinaria, in edifici così antichi e densi di prestigio, non è fra le più semplici né fra le più affrontabili in termini di risorse economiche. Ce ne vorrebbero valanghe, di soldi, per curare al meglio, valorizzandoli, edifici dentro i quali sono transitati non solo secoli di fede ma anche di cultura e di sensibilità. Edifici che, va ricordato, potrebbero rappresentare una potente valvola anche per quanto concerne flussi di turismo culturale. Edifici che sono l’anima di una città e delle sue comunità. Edifici senza i quali, una città non sarebbe più tale.

Vale per Pistoia – città dalle incredibili bellezze culturali spesso nascoste – così come vale per l’intero Paese, specie in questi momenti di grande crisi; a valere è una domanda, piccola piccola: e se il rilancio dell’economia, invece di passare per le gigantesche opere pubbliche dentro le quali, oltretutto, troppo spesso di annidano germi di corruzione, cominciasse a passare per la manutenzione di opere piccole, ordinarie, semplici, a portata di mano e certo anche più controllabili?

C’è una lezione da trarre quando il tetto di un salone accanto a una chiesa vecchia quasi di 800 anni crolla nel pomeriggio di un sabato santo?

Published in: on 30 marzo 2013 at 21:14  Comments (1)  
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