Il “piccolo” caso dell’ospedale di San Marcello Pistoiese

sf000207_800Efficienza ed efficacia“. Sono soltanto questi i due “indicatori” cui quella che – da ormai da molti anni (non a caso scrivo il giorno dopo la morte di Margaret Thatcher) – si chiama “Azienda” sanitaria affida il vero futuro del piccolo ospedale di San Marcello Pistoiese.

In base a indicazioni che vengono dalla politica e che, a loro volta, nascono dalla necessità di effettuare una fortissima revisione nella spesa pubblica, i tecnici e i professionisti dell’azienda sanitaria hanno varato un “progetto di riqualificazione e riorganizzazione” per le attività “ospedaliera” e “territoriale” della Montagna Pistoiese (un grande territorio popolato, purtroppo, sempre più da cinghiali che da esseri umani. Esseri umani che, ogni tanto, sono anche elettori: e cosa volete contino neppure 15 mila elettori? Poco, molto poco, ho il timore).

Nelle attività del piccolo ospedale sorto a metà dell’800 da un gesto di carità di un possidente in favore dei “poveri” della Montagna Pistoiese, ciò che per i tecnici è “qualificazione” e “potenziamento“, per i cittadini è semplicemente “smantellamento” e “strada certa verso la chiusura“. E  una affollata assemblea, ospitata l’altra sera nella sala parrocchiale, sotto un crocifisso che guardava dolente, è stata la riprova di una confusione non solo terminologica: da una parte si scrivono parole che dall’altra vengono lette in modo diverso rispetto a ciò che chi le scrive intendeva comunicare. In mezzo: politica e istituzioni, apparse in grande difficoltà. Con un fossato che non può non preoccupare chi crede nella democrazia rappresentativa.

Tornando agli “indicatori“, l’azienda – spiraglio di una certa importanza – ha garantito che ci sarà un “monitoraggio“: durerà almeno 6 mesi; al termine si vedrà se introdurre “eventuali interventi di miglioramento/adattamento“. Ma i criteri con cui effettuare il monitoraggio, e introdurre eventuali correttivi, sono soltanto i due ricordati: “efficienza ed efficacia“.

Forse inevitabile, con le leggi aziendalistiche che ormai ci dominano, ma non è proprio qui che la politica – oggi in forte crisi proprio anche perchè ormai schiava di un mondo dominato dalle logiche, certo non trasparenti e certo ormai fallite, di una finanza globale – potrebbe recuperare una parte della sua credibilità? Possibile che oltre a questi due principi non ne esistano altri?

E non è proprio la nostra Costituzione, seguita da leggi statali e regionali, a pretendere per le aree montane trattamenti “altri” che considerino la difficoltà, preliminare, di abitare la montagna dando così, oltretutto, una grande mano all’intero territorio italiano? Nessuno ricorda l’efficacia delle parole di don Lorenzo Milani sulla impossibilità, e sulla ingiustizia, di fare “parti uguali fra disuguali”?

Possibile che non esistano “altri” modelli attraverso cui, certo rispettando l’obbligo di non sprecare risorse pubbliche, sia possibile invertire la tendenza a far discendere tutto, anche nella salute, da impostazioni aziendalistiche? E poi, anche considerando il rapporto costi/benefici riferito alla realtà del piccolo ospedale “Lorenzo Pacini“: chi spreca davvero risorse pubbliche? Sicuri che lo spreco venga dal mantenere in vita, con un minimo di dignità, questo piccolo e per molti aspetti efficiente ed efficace ospedale di montagna?

Alla vigilia del grande incontro che si svolgerà proprio a Pistoia fra poche settimane con i rappresentanti di tutte le diocesi toscane sull’apporto che la dottrina sociale della Chiesa può fornire, anche in termini di speranza, a una Toscana sempre più appassita e rinsecchita in sé stessa, non sarebbe male se il piccolo caso del piccolo ospedale di San Marcello venisse preso a emblema circa la necessità di un grande risveglio in favore di politiche capaci di interpretare le ragioni della persona?

Published in: on 9 aprile 2013 at 08:00  Comments (1)  
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Un nome nuovo ai “grattini” per non farci ingannare troppo

gratta-e-vinci-on-lineNel mare magnum del web c’è un sito (www.change.org) che ospita petizioni di natura varia, sottoscrivibili con un semplice clic da ciascuno di noi. E’ una piattaforma di campagne sociali, nata negli USA sei anni fa e da neppure un anno sbarcata in Italia.

Premesso che non sono un entusiasta per questo tipo di “partecipazione”, anche se non mi sfuggono certi aspetti intriganti, mi è quasi venuta voglia di sottoscriverne una (di queste petizioni) attorno a un profilo su cui milioni di italiani stanno correndo non pochi rischi: il gioco d’azzardo. La petizione chiede di cambiare il nome alla più nota fra le lotterie instantanee gestite (con non poche contraddizioni) dallo Stato: il cosiddetto “Gratta e Vinci”.

Poichè, in pratica, si “gratta” molto ma si “vince” decisamente poco (le probabilità scientifiche di vincere sono, in effetti, bassissime. Trattasi dunque, nella realtà, di una vera e propria tassa: una tassa sulla dabbenaggine di tanti sprovveduti), la pretizione suggerisce un nuovo e più appropriato nome per i cosiddetti grattini (“Gratta e gioca“).

“Provo un sentimento misto di rabbia e dispiacere – spiega l’ideatore della petizione – ogni volta che durante la paura pranzo, di lavoro o in altri momenti della giornata, mi capita di vedere peresone con più anni di me, con anni di lavoro e una professionalità invidiabile alle spalle, spendere cifre inaudite nella speranza di una vincita generosa e cospicua”. Come non dargli torto? Come far finta di non vedere cosa accade in una qualunque tabaccheria?

In realtà, come dimostrato dalle associazioni dei consumatori, il nome della lotteria (“Gratta e vinci“) è ingannevole e subdolo: per giocare con moderazione (preciso: nessun problema se uno vuole giocare. Pure a me piace il gioco. Il problema è, appunto, la moderazione; la consapevolezza che a vincere è praticamente sempre il … banco) non basta scriverlo piccolo-piccolo: forse sarebbe un maggiore deterrente, davvero, cambiare il nome ai grattini. “Gratta e gioca” non mi pare dunque male, anche per ricordarci come la nostra vita non può essere appesa a un pezzo di carta argentata che promette una “sistemazione” all’apparenza facile, ma in realtà illusoria.

Ho deciso: firmerò la petizione !

Published in: on 2 aprile 2013 at 09:03  Lascia un commento  
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